Quando ci si trova in una situazione di indebitamento e si teme il rischio di perdere parte delle proprie disponibilità economiche, una delle domande più frequenti riguarda la pignorabilità della pensione e del conto corrente. Il quadro normativo italiano, in costante aggiornamento, prevede una serie di tutele per garantire un’esistenza dignitosa anche a coloro che sono chiamati a rispondere alle pretese dei creditori, introducendo il concetto di soglia minima vitale che rappresenta il limite al di sotto del quale la pensione non può essere toccata da alcuna azione esecutiva.
La disciplina del pignoramento della pensione
Nel 2025, la norma di riferimento in materia di pignoramento della pensione conferma la centralità della tutela della persona, stabilendo importi ben definiti considerati impignorabili. In base alle novità legislative e agli ultimi aggiornamenti, la somma mensile di pensione non può essere pignorata se inferiore o pari a 1.000 euro. Questa soglia minima trova fondamento nell’articolo 545 del Codice di Procedura Civile e rappresenta una garanzia per chi percepisce importi bassi, evitando così che eventuali debiti comportino la perdita totale delle risorse necessarie al proprio sostentamento.
Per quote di pensione superiori a 1.000 euro, la legge individua delle percentuali strettamente legate agli scaglioni di importo:
- Da 1.001 euro fino a 2.500 euro, può essere pignorato al massimo il 10% della parte eccedente il minimo vitale.
- Per pensioni tra 2.501 euro e 5.000 euro, la quota pignorabile sale a un settimo (circa il 14,28% di quanto eccede il limite impignorabile).
- Per pensioni sopra i 5.000 euro al mese, l’importo pignorabile è fissato a un quinto (il 20%).
La ratio di questo meccanismo è chiara: più la pensione è elevata, maggiore sarà la quota che può essere legalmente pignorata, sempre tutelando comunque il diritto del pensionato a conservare uno “zoccolo duro” di risorse personali considerate inalienabili dal legislatore.
Calcolo e aggiornamento della soglia minima vitale nel 2025
Il minimo vitale corrisponde al doppio dell’assegno sociale, rivalutato annualmente dall’Istat per tenere conto dell’aumento dei prezzi e del costo della vita. Nel 2025, l’assegno sociale è stato fissato a 538,69 euro. Di conseguenza, il minimo impignorabile per ogni pensionato si attesta a 1.077,38 euro (vale a dire il doppio dell’assegno sociale previsto per l’anno corrente).
La regola impone che fino a questo livello di reddito mensile, l’intero importo sia tutelato e non possa mai essere oggetto di pignoramento, quale che sia il debito in essere. Solo la somma eccedente questa soglia può essere eventualmente destinata al creditore, entro il già descritto regime percentuale. È quindi fondamentale, prima di qualunque iniziativa di recupero crediti, verificare la cifra aggiornata dell’assegno sociale per calcolare con precisione la quota pignorabile.
Pignoramento del conto corrente e pensione accreditata
L’azione esecutiva può riguardare non solo la pensione come prestazione mensile erogata dall’INPS, ma anche le somme accreditate sul conto corrente del pensionato. In questo caso, la normativa introduce ulteriori salvaguardie:
- Le somme già presenti sul conto corrente al momento della notifica del pignoramento possono essere oggetto di esecuzione solo nella parte eccedente il triplo dell’assegno sociale, che nel 2025 equivale a circa 1.616 euro (538,69 x 3).
- Le somme future accreditate dopo il pignoramento, invece, sono assoggettate alla disciplina ordinaria: si applica cioè il limite del doppio dell’assegno sociale come già visto sopra per la pensione mensile.
Questa distinta disciplina tra saldo attivo e accrediti futuri impedisce che, nel caso di risparmi accumulati, venga azzerata completamente la disponibilità economica, lasciando il beneficiario in condizioni di disagio sociale. Le tutele valgono sia che il pignoramento sia disposto per debiti fiscali sia per crediti privati.
Eccezioni, limiti e casi particolari
Anche se la legge italiana stabilisce regole molto precise per la protezione del minimo vitale, esistono alcune situazioni particolari che meritano attenzione:
- Alcune tipologie di pensioni, come quelle di invalidità o di reversibilità, possono beneficiare di tutele ulteriori e in certi casi risultare totalmente impignorabili, specie se la prestazione rappresenta l’unica fonte di sostentamento del beneficiario.
- Se sono in corso più procedimenti di pignoramento nei confronti della stessa pensione, l’importo complessivamente pignorato non può comunque superare il 20% della somma eccedente il minimo vitale. Il limite massimo garantito dalla legge impedisce che creditori diversi azzerino la disponibilità economica del pensionato.
- Per i debiti di natura alimentare (ad esempio assegni di mantenimento per familiari), la legge può autorizzare il pignoramento in misura superiore rispetto ai limiti fissati per i debiti comuni, ma sempre nel rispetto dei diritti fondamentali della persona.
- Se l’atto di pignoramento riguarda pensioni non ancora accreditate dall’INPS, il prelievo forzoso sarà possibile solo dalla quota eccedente il minimo vitale, con i limiti percentuali che variano in base agli scaglioni di reddito.
È importante sottolineare che il pignoramento non può mai coinvolgere l’intera pensione o lasciare il debitore privo dei mezzi necessari alla propria sopravvivenza. Il quadro normativo aggiornato mira ad evitare che le azioni di recupero crediti danneggino la dignità della persona, che resta un principio fondante dell’ordinamento, anche secondo le più recenti interpretazioni della Costituzione italiana.
Gli enti più frequentemente coinvolti nei procedimenti di pignoramento della pensione sono l’INPS, gli istituti bancari (per il blocco dei conti correnti) e, in caso di debiti fiscali, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Per ogni procedura sono previste forme di opposizione e difesa, e spesso il ricorso a un esperto legale consente di evitare errori che potrebbero compromettere il diritto alla protezione del minimo vitale.
In conclusione, anche nel 2025 la pensione e il conto corrente possono essere pignorati solo entro limiti ben determinati e sempre salvaguardando una soglia minima considerata inviolabile, aggiornata annualmente in funzione del costo della vita. La normativa assicura così un equilibrio tra il diritto del creditore al recupero delle proprie somme e la tutela del debitore, soprattutto se pensionato e in condizioni di maggiore fragilità economica.